Animisti

È quasi mezzanotte e sto tornando a casa con tutta la famiglia dal Lussemburgo per un paio di settimane di ferie. Arrivo alla frontiera tra Svizzera e Italia e vedo che il doganiere guarda la targa della mia auto. Mi avvicino e abbasso il finestrino sperando che mi faccia segno di andare avanti. E invece no.

“Documenti, per favore.”
“Solo i miei o quelli di tutti?”
“Di tutti.”

Li prende e comincia a guardarli, poi guarda di nuovo la targa.

“Di chi è la macchina?”
“È mia.”

Perplesso. Un italiano che guida una macchina con targa straniera, con una figlia africana, nata in Camerun, e un figlio nato abbastanza lontano da dove viviamo.

“Nazionalità della macchina?”

Oddìo. Apolide? Costruita in Francia, immatricolata in Italia, esportata in Lussemburgo. Cosa vuol dire? Le macchine hanno una nazionalità, come le persone? E se sbaglio risposta ci tiene qui tutta la notte? Prendo tempo.

“Nazionalità della macchina?”, chiedo.
“Sì.”

Azzardo: “È immatricolata in Lussemburgo.” Forse è una risposta stupida, si vede anche dalla targa.

“Vada pure”. È andata.

Bentornati in Italia.

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