Attenzione, questo articolo potrebbe essere di parte

Su la Repubblica è apparso un articolo dal titolo abbastanza inequivocabile, “Dai libri illustrati alle App, così i bambini sono meno liberi”. Ci sarebbe da discutere a lungo sul concetto di libertà applicato a tutto quello che è etichettabile come “computer”, e non capisco perché l’autore, Pierdomenico Baccalario, si ostini a scrivere “App” con la maiuscola.

Quello che c’è da dire sull’articolo, sui luoghi comuni che contiene e su certe imprecisioni di metodo, l’ha già detto Massimo Mantellini. Di mio aggiungo solo un confronto. Come fa notare Mantellini, Pierdomenico Baccalario è un autore di libri per ragazzi: viene il dubbio che la sua presa di posizione possa nascondere un interesse personale a difendere la propria attività. Non c’è niente di male, anzi.

Per capire però quanto siamo lontani da una chiarezza che farebbe l’interesse del lettore, faccio un esempio. Qualche giorno fa ho letto un articolo sul sito della rivista Fortune dedicato alle vicende del sito Megaupload e del suo fondatore, Kim Dotcom. Alla fine del terzo paragrafo c’è un asterisco che rimanda a una nota a pie’ di pagina (la traduzione è mia):

L’editore di Fortune, Time Inc., è di proprietà di Time Warner, che è formata in gran parte da aziende che operano nel settore del copyright.

Si chiama disclaimer.

Lascia un commento