Chi conta e chi no

Quando devo scrivere del testo formattato a casa uso Pages, ultima versione. Quando devo fare la stessa cosa al lavoro uso Word 2010. La nuova versione di Pages, che gira solo con Mavericks, è stata molto criticata all’inizio perché Apple aveva deciso di togliere diverse funzioni. Grazie al feedback, queste funzioni stanno tornando. Lucio Bragagnolo ha appena commentato uno dei ritorni più graditi, quello del conteggio caratteri.

C’è una certa differenza tra come i due programmi trattano il conteggio dei caratteri. Entrambi consentono di vedere il numero di caratteri con spazi, caratteri senza spazi, parole, paragrafi e pagine. Uno solo però mostra il conteggio in tempo reale, e lo fa in una finestrella in basso, in cui un pulsante, invisibile finché non ci si passa sopra, consente di scegliere che cosa visualizzare. L’altro ha il conteggio in tempo reale solo per le parole. Per vedere le altre informazioni occorre aprire una nuova finestra, che si mette in primo piano e che occorre chiudere per poter tornare a scrivere. Uno costa 18 euro ed è gratis sui nuovi computer, l’altro costa come minimo 120 euro. Uno è sostanzialmente inutile per chi scrive testi che devono stare entro una certa lunghezza, l’altro no.

Potendo scegliere, quale scegliereste?

La bellezza funzionale

Stephen Fry festeggia il trentesimo compleanno di Macintosh scrivendo un lungo articolo sul suo sito. Vale la pena leggere almeno la conclusione (traduzione mia).

Ciò che non si può negare è che il primo Macintosh ha cambiato completamente la mia vita. Mi ha fatto venire voglia di scrivere, non vedevo l’ora di iniziare ogni mattina. Se paragoniamo i computer agli uffici, il Mac era l’equivalente di uno spazio colorato splendidamente progettato, con tappeti moderni su lucidi pavimenti in quercia, un tavolo da biliardo, una macchina per il cappuccino, poster e ottima musica di sottofondo. Il resto del mondo arrancava nel sistema operativo di Microsoft: un ufficio grigio, suddiviso senza anima, con tappeti sintetici, lampade fluorescenti che lampeggiano e un leggero odore di muffa. Ho fatto questa analogia architettonica svariate volte e mi sembra che nessuno l’abbia notata, o pensavano che fossi solo pretenzioso. Ma ora ovviamente MS è consapevole della sindrome da brutta costruzione/OS come chiunque altro e, dal lancio di iPad e della nuova gamma di sistemi operativi OS X, ha abbandonato la sua strada per seguire la vera via verso la delizia, il colore, la sensazione, la gioia, il piacere e il gusto senza i quali la funzione… beh… non funziona.

Ha ragione. Per troppo tempo l’aspetto estetico del lavoro, o di qualunque altra attività, è stato sottovalutato. Il lavoro di Apple in questo senso è stato esemplare e coraggioso: togliere invece di aggiungere, lavorare sui dettagli, lasciare in vista solo l’essenziale ma senza eliminare le funzioni più avanzate. Il paragone più immediato è quello tra Word, con l’interfaccia Ribbon e decine di funzioni in vista, per cui ogni volta occorre spendere un minuto per trovare quella che serve, e il nuovo Pages, in cui vediamo solo il minimo indispensabile, sapendo però che nei menu c’è molto altro.

Fry ha ragione anche su un altro punto: un ambiente di lavoro gradevole fa venire voglia di lavorare. Da un po’ di tempo uso una stilografica Lamy Safari quando devo scrivere, e scrivo più di prima e con più gusto. Ho quasi sempre con me un taccuino Moleskine, discretamente vissuto, e mi piace scriverci. Quando voglio scrivere pensieri personali uso Day One, che mi offre un ambiente gradevole e rilassante, che invita a far uscire le idee. 

Intendiamoci, il bello è sempre esistito e per fortuna esisterà sempre. La novità di Apple è stata introdurlo anche in un mondo tradizionalmente freddo e unicamente volto alla produttività. Vedo ancora parecchi cultori del bello che abbandonano qualunque senso estetico quando si siedono davanti a un computer. Mi piacerebbe che provassero un Mac, prima o poi.

La strategia incomprensibile

Lucio Bragagnolo presenta un confronto fra Microsoft Office Mobile e le app “da lavoro” di Apple, cioè Pages, Numbers e Keynote. Non ho usato Office Mobile, per cui non mi addentro in considerazioni su uso e funzioni. Vorrei però condividere qualche pensiero sulla strategia di Microsoft.

App Store ha aperto nel mese di luglio 2008. iPad esiste dall’inizio del 2010. Microsoft arriva a giugno 2013 con un’app che va solo su iPhone e non serve a niente senza un abbonamento che costa come minimo 99 euro l’anno. Prima di questo c’è stato un tira e molla infinito perché a quanto pare Microsoft non voleva pagare ad Apple il 30% del prezzo dell’app.

In tutto questo tempo si sono moltiplicate le app che leggono i formati di Microsoft Office, e su tutti i nuovi dispositivi iOS Pages, Numbers e Keynote, i corrispettivi Apple di Word, Excel e Powerpoint, saranno installati gratuitamente e si sincronizzeranno con le versioni per Mac e con l’interfaccia web disponibile in beta su iCloud.

Mi chiedo che cosa avessero in mente a Redmond quando hanno deciso questa strategia. L’utente medio di Office non si mette certo a creare e modificare documenti su un iPhone, semmai su un iPad, che ha una tastiera di dimensioni reali, ma Office Mobile per iPad non c’è. E chi paga 99 euro all’anno per avere il dubbio piacere di lavorare sui quattro pollici di un iPhone?

A me sembra che questo sia un ottimo esempio di come chi domina un determinato mercato con un determinato prodotto possa diventare irrilevante quando, trasferendo quel prodotto in un altro settore, sbaglia completamente tempi e modi. Poi magari mi sbaglio e Office Mobile diventerà l’app più scaricata da App Store, ma ne dubito.

Mal di testa

Ieri ho incontrato il mio vicino di casa. “Posso farti vedere una cosa che mi è successa sul computer, visto che tu sei esperto?” Non sono esperto, e infatti su quello che serviva a lui non sono stato capace di dire niente.

Però, già che c’ero, mi ha mostrato con orgoglio quello che sa fare con il computer, un portatile Dell con Windows 7. Tra le altre cose, ha aperto Word, ultima versione. Non avevo mai visto l’interfaccia Ribbon, di cui però avevo letto meraviglie, dato che in ufficio siamo ancora a Windows XP. Mi sono perso in mezzo alle decine di opzioni e mi sono chiesto che cosa avrei fatto per aprire un documento, cambiare i margini, cambiare font, le cose banali che tutti fanno quando devono scrivere qualcosa.

Ho smesso di usare Word regolarmente, al di fuori del lavoro, almeno dieci anni fa, se non di più. Da allora il programma è cresciuto e comprende funzioni che servono a una percentuale infima dei suoi utilizzatori. Ma è il punto è un altro: d’accordo avere tante funzioni, ma perché devi fare di tutto per cercare di farmele vedere tutte insieme? Non basta mostrare solo l’essenziale?

Credo di non avere mai capito bene come ieri la differenza “filosofica” tra Apple e Microsoft.

Ma tu non usi Word? / 2

Parecchio tempo fa avevo parlato di Microsoft Word e di come ci sia gente che non saprebbe come scrivere niente senza questo programma, usandolo anche quando sarebbe meglio farne a meno.

Oggi leggevo i messaggi inviati alla mailing list Maclovers. Si discuteva di formati e programmi per scrivere e di come sia praticamente improponibile, nella pubblica amministrazione e nella scuola, usare qualcosa che non sia Word. Nel dibattito è intervenuto l’amico Lucio Bragagnolo, che ha scritto quello che riporto qui sotto.

Ferma restando l’improponibilità, proprio perché è una scuola media ci starebbe bene l’Html! Nel suo senso originale di marcatura del testo, non di creazione di siti e linguaggio grafico editoriale. I documenti sarebbero di puro testo; i ragazzi imparerebbero a strutturare un testo e classificare gli elementi distintivi che lo compongono, attività elementare e preziosissima per sapersi esprimere in forma compiuta. Collegare i vari documenti a livello di ricerche, istituto, compito in classe, docenze, cicli didattici, classi, materie sarebbe facile e alzerebbe l’organicità di tutti i materiali prodotti. I requisiti di hardware, software e sistemi di archiviazione sarebbero estremamente di base, universali e di obsolescenza molto bassa. La riutilizzabiltà dei documenti sarebbe totale (domani la classe quinta vuole creare un ebook? È già tutto pronto!). Un titolo paragrafo avrebbe la stessa codifica su tutti i documenti, dal bilancio scolastico al temino di prima classe.

LaTeX è un passo avanti su questo concetto, che aggiungerebbe l’unica cosa mancante; il controllo tipografico sull’output, dalla stampa alla produzione di equazioni. (C’entra meno, ma esistono ottimi editor che permettono di scrivere LaTeX come se si usasse un qualsiasi word processor)

La necessità dell’esistenza di Word o altri programmi riguarda, al più, i loro autori. Personalmente uno fa quello che vuole e se vuole crearsi documenti complessi in modo facile fa benissimo. Un istituto dovrebbe ragionare in modo diverso. È un valore che tutti i nuovi studenti possano accedere ove previsto al lavoro dei vecchi e che il nuovo lavoro creato si integri perfettamente con l’esistente? La risposta è un forte sì. E di queste domande se ne possono porre a iosa.

Fosse così, oggi lo studente 2010 potrebbe leggere senza problemi, ove previsto, la ricerca dello studente 1994. E integrare con essa la sua ricerca nuova. Invece ci sono i problemi di incompatibilità di versione. Problemi che, traslati nell’Html, significherebbero cose tipo “tutti i tag <b> diventano tag <strong>” et voilà, con un comando hai aggiornato l’intero archivio scolastico alla nuova specifica.

Chiedo scusa se mi sono dilungato anche molto oltre la necessità specifica, ma è un tema che mi tocca molto. Ogni volta che vedo un ragazzino imparare a cliccare su un’icona grassetto, invece che imparare che cos’è un grassetto e poi applicarlo come e dove vuole invece che dipendere da un programma specifico, sento una stretta al cuore.

Poi apro il libro di mio figlio, quarta elementare, alla sezione Informatica, leggo “Un programma presente in ogni PC è quello di videoscrittura: Word” e mi cadono le braccia.

Spostamenti a sorpresa

A chi lavora molto sui testi capita spesso di dover cercare tutte le occorrenze di una certa parola in un documento. È una cosa che con BBEdit, o con altri editor di testo, si fa in un attimo. Con i cosiddetti word processor, invece, ci vuole un po’ di pazienza in più: si apre la finestra di ricerca, si scrive la parola da ricercare, si fa clic su Trova il prossimo (o qualcosa del genere, dipende dai programmi) tante volte quante serve, finché il programma ci dice che quella parola in quel testo non c’è più.

Se faccio questa operazione con TextEdit o Pages e la parola da cercare si trova nella parte di schermo occupata dalla finestra di ricerca, il programma fa scorrere il testo in modo che la parola venga evidenziata, sopra o sotto la finestra. Il puntatore del mouse rimane fermo, sul pulsante Trova il prossimo. Se lo faccio con Word, è la pagina di testo che rimane ferma, mentre è la finestra di ricerca che si sposta: l’utente deve allora muovere il mouse alla ricerca del tasto Trova il prossimo, che può essere finito in un punto qualunque dello schermo.

La cura nel design di un’interfaccia grafica si vede anche da questi piccoli particolari.